venerdì - 19 Aprile - 2024

Nel latte antibiotici, cortisonici e antinfiammatori: tracce in più della metà dei marchi analizzati

Tracce di antibiotici, cortisonici e antinfiammatori nel latte che tutti beviamo quotidianamente. Sono molti i Marchi analizzati italiani e, in alcuni di essi, ne è stata confermata la presenza di queste sostanze estranee.

Tracce di antibiotici, cortisonici e antinfiammatori nel latte che beviamo: questo è ciò che emerso da un indagine condotta e fatta emergere dalla rivista Il Salvagente, che ha esaminato ventuno confezioni di latte fresco e a lunga conservazione Uht di alcuni tra i più rinomati marchi commercializzati in Italia, come Parmalat, Granarolo, Coop, Conad, Lidl, Esselunga e Carrefour.

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I biologi hanno evidenziato che in oltre il 50 per cento dei marchi analizzati (12 su 21) sono state rilevate tracce di farmaci.

Il latte che beviamo contaminato da farmaci

Il latte è un alimento indispensabile per la prima colazione degli italiani e abbinato a carboidrati, caffè e frutta, rappresenta un pasto completo, ricco di proteine. Il latte è anche l’alimento fondamentale per la crescita dei bambini. Ma quanto il latte è sicuro? Dalle ultime analisi, non è molto sano come crediamo.

Secondo un nuovo test svolto dalla rivista Il Salvagente,  più della metà del latte in commercio è contaminato da antibiotici e altri tipi di farmaci.

L’analisi del latte

La rivista, in edicola già da giorni, ha esaminato ventuno confezioni di latte fresco e a lunga conservazione Uht di alcuni tra i più rinomati marchi commercializzati in Italia, come:

Parmalat, Granarolo, Coop, Conad, Lidl, Esselunga e Carrefour.

I biologi hanno scoperto che in oltre il 50 per cento dei casi (12 su 21) sono state rilevate tracce di farmaci.

Nel latte sono stati rinvenute tracce di o desametasone (un cortisonico), neloxicam (antinfiammatorio) e amoxicillina (un antibiotico). Il motivo per cui queste sostanze si trovano nel latte è molto semplice: sono farmaci somministrati alle mucche per guarire dalla mastite, ovvero l’infiammazione delle mammelle.

 

A svelarli è stato un nuovo metodo di analisi realizzato dalle Università Federico II di Napoli e da quella spagnola di Valencia e utilizzato dal mensile leader nei test di laboratorio, in grado di scoprire contenuti che ai test ufficiali passano inosservati. E che sembrano tutt’altro che rassicuranti, dato che più della metà delle confezioni analizzate hanno fatto rivelare tracce di farmaci.

Allarmismo? No, non serve

La rivista Il Salvagente, ci tiene a precisare che l’intento di questa ricerca è quello di fare chiarezza . “Queste analisi – ha spiegato Riccardo Quintili, il direttore del Salvagente – non vogliono essere una penalizzazione alle aziende nelle cui confezioni abbiamo trovato residui di farmaci. Al contrario molte di loro, informate del nostro test, si sono mostrate molto sensibili all’argomento e alle evoluzioni dei loro controlli rese possibili da questo nuovo metodo”.

E ha concluso: “Il nostro interesse era sollevare un potenziale rischio rimasto finora nell’ombra per trovare soluzioni rassicuranti per i consumatori”..

Enrico Moriconi, veterinario nonché Garante degli animali della Regione Piemonte, ha anche specificato: “La ragione dell’uso di antibiotici come l’amoxicillina è la frequenza con cui contraggono le infezioni alle mammelle come la mastite. Tra l’altro, il fatto che siano stati trovati dei residui nel latte ne è la dimostrazione: se fossero stati utilizzati farmaci per curare altri tipi di infezioni, questi sarebbero stati smaltiti da reni e fegato”.

Quali i rischi per i consumatori che bevono latte contaminato?

A spiegare i rischi efficacemente concreti vi è Ruggiero Francavilla, pediatra, gastroenterologo Università degli Studi di Bari: “L’assunzione costante di piccole dosi di antibiotico con gli alimenti determina una pressione selettiva sulla normale flora batterica intestinale a vantaggio dei batteri resistenti agli antibiotici che diventano più rappresentati; questa informazione genetica viene trasferita ad altri batteri anche patogeni”.

Anche il dottor Ivan Gentile, docente di malattie infettive presso la Federico II, ha messo in guardia su possibili conseguenze: “Non si può escludere un rischio, sebbene basso, che l’esposizione anche di minime quantità, soprattutto in maniera ripetuta, possa avere ripercussioni sul microbiota intestinale cioè su quell’insieme vario di microorganismi che vivono con noi (nell’intestino, sulla cute, nella cavità orale per fare qualche esempio) e che esercitano effetti benefici (a livello digestivo, immunitario, protettivo)”.

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