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<p><img class="alignnone size-full wp-image-8035" src="https://www.ilmondodelledonne.net/wp-content/uploads/2019/09/iStock-498585908.jpg" alt="" width="724" height="483" /></p>
<p>Da alcuni giorni si parla tanto di suicidio assistito infatti, il 24 Settembre, la Corte Costituzionale che si è riunita e in un comunicato, e ha dato notizia della propria decisione: <strong>l&#8217;aiuto al suicidio non è sempre un reato, quando si verificano determinate condizioni</strong>. Le parole usate, nello specifico, sono state: &#8220;<em>La Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli</em>&#8220;.</p>
<p>Per il primario del &#8220;Gemelli&#8221; il rifiuto delle cure per chi soffre di Sla non è eutanasia: &#8220;C&#8217;è un diritto a morire in tutta serenità, lo dicono la legge e la Chiesa&#8221;</p>
<h6><strong>Mario Sabatelli: &#8220;io spengo le macchine ai malati che lo chiedono&#8221;</strong></h6>
<p>A parlare questa volta è il dottor Mario Sabatelli sulla questione del suicidio assistito e dice: &#8220;<em>Piergiorgio Welby e Walter Piludu? Fossero stati miei pazienti, avrei seguito le loro decisioni senza bisogno di tribunali. Perché il rifiuto delle cure non è eutanasia ma una questione di buona prassi medica. Già oggi la legge, la Costituzione e il codice deontologico lo consentono. Anche il Magistero della Chiesa è chiaro: non c&#8217;è un diritto di morire ma sicuramente un diritto a morire in tutta serenità, con dignità umana e cristiana</em>&#8220;.</p>
<p>Dopo la sentenza di Cagliari che autorizzava Piludu, un malato di Sla, a vedersi togliere il respiratore sedato, morendo senza soffrire, Mario Sabatelli, primario al Gemelli di Roma, chiarisce cosa sarebbe giusto fare in questi casi.</p>
<p>Al dottore sono state fatte delle domande a cui lui ha risposto esprimendo il suo parere di medico e cattolico.</p>
<p><strong>Scegliere allunga la vita?</strong><br />
&#8220;<em>Sì. Lo vedo nella mia esperienza. I malati da noi sanno che potranno rinunciare al respiratore, quando per loro dovesse diventare intollerabile. Solo con questa sicurezza il 30 per cento accetta oggi la tracheotomia&#8221;.</em></p>
<p><strong>Chi deve decidere?</strong><br />
&#8220;<em>Solo il malato può valutare se la ventilazione meccanica è trattamento proporzionato alla propria condizione e quindi non lesivo della propria dignità di vita. Chi accetta ha diritto ad essere assistito a casa, aiutato dalle istituzioni. Chi rifiuta ha diritto a morire con dignità&#8221;.</em></p>
<p><strong>Parla di abusi negli ospedali.</strong><br />
&#8220;<em>Conosco il calvario di chi vive con la Sla, per questo trovo scandaloso che in molti pronto soccorso i medici si arroghino il diritto di intubare malati che hanno detto di no, o minaccino di mandarli a casa se non accettano la ventilazione forzata. Una follia. Il compito del medico è seguire le scelte del paziente, alleviare le sofferenze. Troppi non lo fanno per paura, ignoranza della Costituzione e dei documenti della Chiesa&#8221;.</em></p>
<p><strong>Qual è l&#8217;opzione?</strong><br />
&#8220;<em>Tra morire senza dolore con una sedazione o accettare l&#8217;ausilio delle macchine. Con l&#8217;arrivo dei ventilatori portatili la scelta è tra una maschera collegata al macchinario, oppure la tracheotomia&#8221;.</em></p>
<p><strong>Scelta etica o medica?</strong><br />
&#8220;<em>Sicuramente etica, dipende dalla visione esistenziale che ha il paziente, dalle sue idee, dalla sua persona. A noi medici spetta il compito di informarlo in modo approfondito. Al &#8220;Gemelli&#8221; studiamo un piano di cura coi malati, ascoltiamo i voleri di chi vive con un tubo in gola, un sondino per nutrirsi. Li seguiamo nel cammino, sino all&#8217;ultimo. Perché io non li lascio andare, non li lascio morire. Li accompagno sino alla fine. Mi assicuro che venga seguite la loro volontà e non soffrano&#8221;.</em></p>
<p><strong>Li addormenta e toglie il respiratore?</strong><br />
&#8220;<em>Sì l&#8217;abbiamo fatto a pazienti che, stanchi di vivere immobili, attaccati alle macchine, hanno detto basta. Sono stati sedati profondamente e solo a quel punto spenta la macchina che soffiava aria nei polmoni. Sono morti senza dolore, dormendo&#8221;.</em></p>
<p><strong>C&#8217;è chi dice: è eutanasia.</strong><br />
&#8220;<em>C&#8217;è una differenza abissale con l&#8217;eutanasia, sia negli obiettivi che nelle procedure. Qui parliamo di scelte terapeutiche, lo dice la legge, la Costituzione nell&#8217;articolo 32 sottolinea che nessuno può essere obbligato a subire cure. Sceglie il paziente e il rifiuto della respirazione forzata rientra nel consenso informato. Certo, il risultato finale è la morte, ma è cosa diversa dal dare un farmaco che provoca la fine. Sceglie la persona e il principio che ci guida è la proporzionalità&#8221;.</em></p>
<p><strong>Cosa dice la Chiesa?</strong><br />
&#8220;<em>In un documento del 1980 c&#8217;è scritto: &#8220;È lecito interrompere l&#8217;applicazione di tali mezzi, quando i risultati deludono le speranze riposte in essi&#8221;. Il medico deve assistere chi soffre, eliminare il dolore. Io, medico, riconosco il diritto a rifiutare la cura e assisto il sintomo, il senso di soffocamento, con la sedazione&#8221;.</em></p>
<p><strong>C&#8217;è chi parla di omicidio.</strong><br />
&#8220;<em>Negli anni &#8217;50 Pio XII disse: &#8220;Compito del medico è lenire le sofferenze e se anche il farmaco dovesse accelerare la fine, il nostro obiettivo è togliere la sofferenza&#8221;. Quindi la sedazione profonda è eticamente accettabile</em>&#8220;.</p>
<p><strong>I malati decidono di morire?</strong><br />
&#8220;<em>Le persone che rinunciano alle cure non decidono di morire, decidono come vivere. La vita è un valore inestimabile, ma bisogna farsene carico, aiutare le famiglie. Invece vedo malati di Sla, dalle cure costose e complesse, lasciati soli. Ci sono differenze enormi nella qualità dell&#8217;assistenza a seconda della città&#8221;.</em></p>
<p><strong>Manca una legge su fine vita?</strong><br />
&#8220;<em>I cinque a cui abbiamo staccato i respiratori lo avevano chiesto a voce. Il problema è che aggravandosi molti, l&#8217;8 per cento, restano lucidi ma non possono comunicare. L&#8217;Aisla, l&#8217;associazione dei pazienti, sta lavorando a disposizioni anticipate di trattamento che consentano il rispetto della volontà quando non potranno dirla&#8221;. Perché la legge è ancora un&#8217;utopia</em></p>