<figure id="attachment_30498" aria-describedby="caption-attachment-30498" style="width: 836px" class="wp-caption aligncenter"><img class="wp-image-30498 size-full" src="https://www.ilmondodelledonne.net/wp-content/uploads/2021/03/837px-Chiara_Saraceno_-_Trento.jpg" alt="" width="836" height="918" /><figcaption id="caption-attachment-30498" class="wp-caption-text">Immagine Wikipedia: <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Chiara_Saraceno_-_Trento.JPG#/media/File:Chiara_Saraceno_-_Trento.JPG" target="_blank" rel="noopener">By Niccolò Caranti</a></figcaption></figure>
<p>La sociologa Saraceno è un&#8217;esperta di welfare ed è stata chiamata dal ministro Orlando a far parte del Comitato per la valutazione del rdc. Ecco le sue proposte, dopo i dati Istat sull&#8217;aumento della povertà<em>: &#8220;Sì ai controlli, ma l&#8217;accesso sia più semplice. Ripensare il parametro dell&#8217;Isee e il requisito dei dieci anni di residenza in Italia. E&#8217; stato un errore, poi, legare la misura all&#8217;attivazione lavorativa: le politiche attive servono ma devono essere per tutti, non solo per i poveri. Che vengono descritti come &#8220;nullafacenti&#8221;, gente che sta &#8220;sul divano&#8221;. Non si usa un linguaggio così violento per parlare di chi evade&#8221;</em></p>
<p>“<em>Abbiamo più paura dei poveri che imbrogliano che dei ricchi che evadono. Giusto fare i controlli, ma non fissare paletti che finiscono per escludere i poveri veri mentre chi vuole riesce comunque ad aggirarli”</em>.</p>
<p>La sociologa Chiara Saraceno, esperta di welfare, ha affermato che il Reddito di Cittadinanza andrebbe associato in modo adeguato alla ricerca del lavoro: “<em>E’ stato un errore. Le politiche attive del lavoro sono indispensabili ma devono riguardare tutti, non solo i poveri”.</em></p>
<p>Riportiamo l&#8217;intervista alla sociologa de &#8220;Il fatto Quotidiano&#8221;</p>
<h6><strong> Professoressa, i poveri assoluti sono aumentati di 1 milione. E si tratta in gran parte di persone con un lavoro.</strong></h6>
<p>&#8220;<em>I nuclei in cui nessuno è occupato sono una minoranza. La spiegazione è semplice: si tratta di lavoratori finiti in cassa integrazione oppure autonomi che a causa delle chiusure anti contagio hanno lavorato in maniera intermittente&#8221;.</em></p>
<p><strong>Perché non sono stati raggiunti dal reddito di cittadinanza?</strong></p>
<p>&#8220;<em>Il primo problema è che l’Isee necessario per chiederlo si riferisce all’anno precedente. In caso di perdita del lavoro o forte calo del reddito familiare si può utilizzare l’Isee corrente, ma vale solo per sei mesi. Un barista o una commessa che l’anno prima avevano lavorato e avevano qualcosa in banca difficilmente sono riusciti a rientrare tra i beneficiari&#8221;.</em></p>
<p><strong>Per le famiglie di extracomunitari ha pesato il requisito dei dieci anni di residenza in Italia.</strong></p>
<p>&#8220;<em>Anche la Ue ci ha chiesto di ridurlo. Un limite minimo c’è in tutti i Paesi, ma dieci anni sono troppi. Non a caso il reddito di emergenza introdotto durante la pandemia ha eliminato quel paletto. Non ho capito però perché non riformare subito il rdc e inventarsi invece una misura diversa, creando due categorie di poveri. Non ha senso, è come dire che chi è finito in povertà a causa del Covid ora è “meritevole” di aiuto mentre prima non lo era. In ogni caso anche il Rem è complicato da chiedere&#8221;.</em></p>
<p><strong>Le procedure burocratiche scoraggiano chi è già in difficoltà? </strong></p>
<p><em>&#8220;Ci sono troppi paletti che ostacolano i poveri veri e sono facilmente aggirati dai truffatori. Basta guardare il linguaggio che viene utilizzato: c’è più paura dei poveri che imbrogliano che dei ricchi che evadono. I poveri vengono descritti come “nullafacenti”, gente che sta “sul divano”. Non si usa un linguaggio così violento per parlare degli evasori fiscali&#8221;</em>.</p>
<p><strong>Alla narrazione del “divano” si lega l’idea che i beneficiari del reddito vadano attivati ricorrendo per esempio ai navigator.</strong></p>
<p><em>&#8220;Legare il reddito alle politiche attive è stato un errore. Tra i percettori ci sono persone che lavorano già, oltre a molti che non sono in grado di lavorare per motivi di salute o perché hanno qualifiche bassissime che non li rendono facilmente occupabili. Le politiche attive possono incrociarsi con questa misura ma non devono sovrapporsi: riguardano tutti, non solo i poveri. Compresi ovviamente i percettori di reddito adulti e in grado di lavorare. Per tutti gli altri servono servizi diversi. Penso anche ai minorenni, perché dobbiamo evitare il circolo vizioso della trasmissione intergenerazionale della povertà. E la pandemia lo sta accentuando perché la dad penalizza di più chi non ha strumenti e sostegni in famiglia&#8221;</em>.</p>
<p><strong>A proposito: le famiglie numerose, penalizzate dalla scala di equivalenza del reddito, sono le più colpite dall’aumento della povertà. </strong></p>
<p>&#8220;<em>Purtroppo è un problema sistematico che vediamo almeno da metà anni Novanta. All’inizio erano più a rischio gli anziani, ora lo sono i minori. Tanti minorenni vivono in famiglie monoreddito e l’incidenza è molto alta soprattutto nelle fasce di reddito più basse, che sono anche quelle in cui le donne tendono ad avere qualifiche inferiori. Si sommano tanti problemi insieme: i servizi pubblici di cura dei bambini sono pochi, quelli privati sono costosi e quando lo stipendio è basso lavorare non conviene. Il risultato è che il tasso di occupazione delle donne è molto basso e questo ha un impatto sulla condizione dei bambini. La miglior protezione dalla povertà è avere una mamma che lavora&#8221;</em>.</p>
<p><strong>Quali altri aspetti del reddito andrebbero rivisti? </strong></p>
<p>&#8220;<em>Per rendere vantaggiosa la ricerca di lavoro da parte di chi è in condizione di farlo occorre cambiare il meccanismo per cui ogni euro in più guadagnato va a ridurre la somma che si riceve dall’Inps. In tutti i Paesi si consente di sommarli, in modo da incentivare l’attivazione. Il Reddito minimo di inserimento che fu sperimentato negli anni Novanta funzionava così&#8221;.</em></p>
<p><strong>L’eventuale revisione del sussidio anti povertà andrà in parallelo con la riforma degli ammortizzatori.</strong></p>
<p>&#8220;<em>Autonomi e partite Iva vanno tutelati come i dipendenti in modo da traghettarli fino a fine pandemia. Ma in molti casi oltre a proteggerne i redditi andranno anche accompagnati in un percorso di riqualificazione, perché non possiamo pensare che finita la pandemia tutto ricominci come prima e riaprano gli stessi negozi, bar e ristoranti. Serve un piano organico per preparare queste persone a cogliere opportunità nei settori in cui investiremo con il Piano di ripresa e resilienza. Altrimenti, invece che restringersi, i divari finiranno per ampliarsi&#8221;.</em></p>